VITTORIO FRANCESCHI E MATTEO SOLTANTO
“Il teatro che verrà? Non ne ho la più pallida idea”. Vittorio Franceschi protagonista del nuovo video racconto in compagnia del figlio Matteo (cognome d’arte Soltanto, professione pittore e scenografo, madre l’indimenticata fondatrice della Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone) racconta il mestiere concreto e coraggioso dell’attore. “La mia professione – dice – non è un dono degli angeli ma è fatta di quell’artigianato che è alla base di tutte le arti. E artigianato vuol dire lavoro, applicazione, ostinazione e fallimento”. Franceschi ricorda che iniziò a recitare nel 1958 ma che già a partire dagli anni Sessanta si cominciarono a frantumare i codici che unificavano il pubblico e la critica. “A un certo punto – dice – non si è più saputo in cosa consistesse il nostro lavoro e quale fosse lo scopo”. Franceschi, una vita passata con i grandi registi del ‘900 come Besson e Wajda, ha oggi 84 anni e continua a rivendicare l’importanza fondamentale del pubblico all’evento teatrale. “La gente – spiega – va a teatro perché spera di ricevere un dono, ma adesso spesso non capisce quello che vede. Si ha quasi l’impressione che il pubblico da alcuni nuovi artisti sia vissuto come una sorta di sparring partner destinato a ricevere colpi. E’ quello che io definisco il teatro dell’arbitrio”. E se Matteo Soltanto afferma di sentirsi pittore quando fa lo scenografo (ha firmato alcuni spettacoli molto significativi degli ultimi anni) e scenografo quando fa il pittore, Vittorio Franceschi ribadisce che il teatro è un’arte collettiva che nei casi più fortunati realizza prodotti artistici mentre in altri si attesta su un buon livello di artigianato, trovando una sintesi perfetta sulla scena. Ma cosa deve fare un vero attore? “Il palcoscenico – risponde lui – è il luogo della verità e per questa ragione va eliminato ogni artificio. L’attore resta il protagonista della scena. Il teatro si può fare senza scene, musica e costumi. Ma non si può fare senza l’attore”.