FESTIVAL 20 30 / ESERCIZI DI FUTURO SEMPLICE
Di quali strategie dobbiamo dotarci per affrontare un cambiamento - individuale e collettivo? Quale sarà la prossima catastrofe? E’ possibile evitarla? Come si fa a sopravvivere? Di cosa si parla quando si parla di normalità? Cosa ci sarà di semplice nel nostro futuro?
Abbiamo creato una stazione radiofonica in grado di trasmettere nel futuro. Una frequenza dove far viaggiare verso l’ignoto un flusso di parole e suoni. Ci sarà ancora qualcuno ad ascoltarci? E cosa a avremo da dirgli.
INGRESSO GRATUITO CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: E-mail: oratoriosanfilipponeri@mismaonda.eu Mob – SMS – whatsapp: 3497619232 da lunedì a venerdì: 10.30-13 e 15-17.30
ASCANIO CELESTINI / APPUNTI PER UN MUSEO PASOLINI
In vista della visita guidata al MamBO che Ascanio Celestini condurrà il 1 Giugno nell'ambito di Bologna Estate, per immaginare cosa potrebbe contenere il Museo Pasolini, al San Filippo Neri l'attore intervisterà Roberto Grandi Presidente Istituzione Bologna Musei e Gianluca Farinelli direttore della Cineteca Di Bologna che custodisce il Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini.
INGRESSO GRATUITO CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: E-mail: oratoriosanfilipponeri@mismaonda.eu Mob – SMS – whatsapp: 3497619232 da lunedì a venerdì: 10.30-13 e 15-17.30
SABRINA MEZZAQUI / L'ABILITA' DI MUTARE LE CIRCOSTANZE
L’opera di Sabrina Mezzaqui presentata all’interno dell’Oratorio di San Filippo Neri è una grande decorazione site specific posizionata nel centro della navata sul pavimento, sotto il grande lampadario, che cambierà ogni giorno: ogni mattina l’artista modificherà la forma dell’opera, sposterà i singoli elementi metallici di cui è fatta, trasformando i ritmi delle sue forme, i perimetri e il proprio centro, per riflettere in silenzio sull’impossibilità di avere delle certezze, oggi più che mai, dato che tutti stiamo vivendo la grande precarietà di questi tempi. Il disegno, che muterà di giorno in giorno, è quello di un mandala, un elemento meditativo a cui Sabrina Mezzaqui è molto legata, essendo una pratica trasformativa che porta verso la pace interiore e la meditazione e che è destinato a essere spazzato via in un soffio, dopo un lungo e paziente lavoro.
Il pubblico è invitato a tornare a vedere l’opera per notare come è mutata, a seguirla nei cinque giorni di apertura della mostra e osservarla attentamente nel suo disegno e nelle sue linee armoniche, perché anche se fatta di materiale comune e semplice, così come semplice e meditata è la pratica manuale dell’artista, l’opera di Sabrina Mezzaqui ha una forte valenza simbolica.
Il titolo del lavoro, pensato apposta per lo spazio dell’Oratorio, indica l’abilità dell’essere umano, dell’artista e delle sue opere di mutare con le circostanze: in questo caso si tratta di uno sguardo profondo e consapevole sulla realtà che stiamo vivendo, così instabile e piena di incertezze, così difficile e pur bisognosa di interscambi personali e di progetti condivisi, dato che per realizzare questa mostra l’artista si è avvalsa di diverse collaborazioni.
Il mandala di Sabrina dunque tenterà di superare i limiti di una percezione considerata esaurita una volta per tutte ma cercherà di dialogare con lo spazio “sacro” del luogo, indicandoci una nuova via, che non è certo quella di smettere di progettare ma di progettare in modo flessibile e insieme agli altri. Per questo l’opera sarà fotografata e ripresa durante il montaggio e lo smontaggio per produrre la documentazione delle sue modificazioni e per caricarle sul sito dell’artista, aggiornato in tempo reale, reso fruibile all’ingresso della mostra. Nell’ovale sopra al palco, invece, scorrerà ogni giorno la proiezione di un video diverso, così come differenti saranno le immagini scelte per la comunicazione della mostra, che cambieranno ad ogni annuncio e invito. Verrà infine realizzato un libro d’artista con le foto e i disegni dei mandala realizzati in occasione della mostra e brevi testi.
Installazione site specific a cura di Maura Pozzati
- promossa da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna in collaborazione con Galleria Continua
Orari e prenotazioni:
L’installazione è visitabile su prenotazione nei seguenti giorni e orari:
- 5 maggio h 14-19
- 6 maggio h 13-19
- 7 maggio h 13-19
- 8 maggio h 13-20
- 9 maggio h 13-20
Prenotazione obbligatoria ai numeri 051 6496632 e 051 6496637 nelle seguenti giornate e orari: 3 e 4 maggio h 16-20; 5, 6, 7, 8 e 9 maggio h 10-20; 345 3649649 nelle seguenti giornate e orari: 4 maggio h 16-18; 5-6 maggio h 10-18.
I dati rchiesti saranno utilizzati solo ai fini della prenotazione dell’evento.
U.G.O.
U.G.O. è un comedy show, è un contenitore di realtà tragicomiche da cui scaturiscono monologhi, stand- up, satire, storie, pezzi sempre inediti.
Sul palco di U.G.O. si alternano una serie di interventi della durata massima di
8 minuti: monologhi, racconti, satire, stand up, il cui taglio privilegiato è quello dell'ironia e del sarcasmo.
U.G.O. è un progetto aperto e in divenire che non smette mai di fare talent scouting. I pezzi sono sempre inediti e ogni serata è uno spettacolo a sé, un debutto. Ad ogni serata partecipano attrici e performer sempre nuove, con una special guest musicale.
Cosa vuol dire.
U.G.O. è l’acronimo di unidentified gabbling object, che significa oggetto parlottan-
te/farfugliante/borbottante non identificato. Esattamente come l’U.F.O., la serata U.G.O. non è del tutto identificabile.
La storia di U.G.O. nasce dall’esigenza di creare uno spazio libero dalle censure, dalle etichette, dalle imposizioni di forma, dai cliché tipicamente attribuiti all’universo femminile. U.G.O. è un tentativo di svincolarsi dai canoni di una comicità stereotipata.
Al gruppo fondatore si affiancano subito Veronica Raimo, Nicole Balassone, Federica Tuzi, Elisa Simonelli e Carmen Barbieri e con l’arrivo di Betta Cianchini l’astronave di U.G.O. fa il suo primo atterraggio il 15 dicembre del 2017 nell’open space della sede storica di Radio Rock. La prima stagione di U.G.O. a Radio Rock si conclude nel mese di maggio 2018. Seguono l’inaugurazione della stagione teatrale del Gay Village 2018 e i Festival “Massenzio” , “Letterature Off”, “Parterre Farnesina Social Garden”, “Solisti del Teatro” ai Giardini della Filarmonica.
U.G.O. per la seconda stagione cambia casa e si sposta al Monk dove va in scena una volta al mese sempre con il sostegno di Radio Rock. Seguono L’Aniene Festival e il “Ghe pensi mi” di Milano.
Il progetto U.G.O. è stato presentato l’8 marzo 2019 all’Auditorium del Macro Asilo. A ottobre
2019 partecipa all’apertura di “Internazionale a Ferrara” e “InQuiete - Festival di scrittrici a Roma”.
INGRESSO GRATUITO FINO A ESAURIMENTO POSTI CON PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: E-mail: oratoriosanfilipponeri@mismaonda.eu Mob – SMS – whatsapp: 349 761 9232 da lunedì a venerdì: 10.30-13 e 15-17.30
ALESSIO BONI / MORDERE LA NEBBIA
ALESSIO BONI / MORDERE LA NEBBIA
Puoi nascere figlio di muratore bergamasco, orfano a Haiti, rampollo dell’aristocrazia culturale: è un caso. Di certo, la nascita orienterà la tua vita. Ma non può arrivare a determinarla. Alessio Boni parte da qui per costruire il suo primo libro che è insieme autobiografia e profonda riflessione sul mestiere di mantenersi umani, indagato attraverso i grandi e diversi personaggi che ha messo in scena – da Amleto a Caravaggio, da Don Chisciotte a Ulisse – e i molti viaggi che ha compiuto in alcuni dei più terribili teatri di guerra e devastazione degli ultimi vent’anni. Sì, perché Boni oltre che artista è generoso testimonial al seguito di missioni umanitarie con diverse Ong, da Save The Children a Medici Senza Frontiere. E in questo libro racconta la sua storia di figlio di operai che ce l’ha fatta ma anche le storie degli altri, quelli che ce la fanno in condizioni ben più difficili. Non si sceglie dove si nasce ma si può scegliere il proprio destino. E si sceglie, ogni giorno, in che direzione diventare uomini: nel bene o nel male, nel cinismo o nell’incontro con l’altro. Mordendo la nebbia che avvolge il tuo futuro, fino a dissiparla.
Nel pieno rispetto delle normative vigenti sulla sicurezza sanitaria e sul distanziamento sociale vi ricordiamo l’obbligo dell’uso della mascherina.
Gli incontri in presenza sono a ingresso gratuito fino a esaurimento posti, previa prenotazione.
Mail oratoriosanfilipponeri@mismaonda.eu
Sms / whatsapp 349 761 9232
MARCO E MIRTO BALIANI
MARCO E MIRTO BALIANI
Kohlhaas, lo spettacolo che Marco Baliani mise in scena nel 1989 segna la nascita del teatro di narrazione. “Volevo fare un esperimento usando solo corpo e voce: in un’epoca in cui l’occhio è onnivoro, cercare lo spettatore che ascolta e si affida all’immaginazione. Non avrei creduto di dare vita ad un genere oggi così diffuso: esistono perfino cattedre di narratologia”.
Kohlhaas ha totalizzato 1090 repliche e molti altri spettacoli sono venuti a seguire: al centro sempre l’ascolto, che ha a che fare col suono. “Con mio figlio Mirto, che è un musicista e un compositore, abbiamo inserito negli spettacoli la musica non come eco o colonna sonora ma come drammaturgia, come linguaggio”.
Mirto di rimando definisce la sua attività costruzione di paesaggi sonori “in teatro le composizioni sonore seguono regole diverse da quelle musicali: entrano in relazione con il corpo, la voce, le luci, il gesto”.
Il video racconto è interpolato da alcuni frammenti di spettacoli che li hanno visti insieme come Una notte sbagliata e Sette contro Tebe ed altri che mostrano in scena le sonorità ricercate di Mirto come Cosmogonia e China vs Tibet.
In chiusura una domanda: che faremo? “Mi piacerebbe raccontare il mio primo romanzo, Nel regno di Acilia che parla della mia prima infanzia a Roma. Vorrei trasformarlo in un grande racconto epico”.
Al termine di questa pandemia bisogna cominciare a raccontare…
SIMONA BERTOZZI E ARISTIDE RONTINI
SIMONA BERTOZZI E ARISTIDE RONTINI
“Il mio ingresso nella danza è arrivato ascoltando una necessità estrema, quella di stare nel movimento. O meglio di stare nel corpo. Il corpo è lo strumento, una sonda per penetrare lo spazio, la possibilità di entrare in relazione. In questo io trovo il senso profondo della danza”. Simona Bertozzi, coreografa, danzatrice e performer, laureata al Dams di Bologna dove vive, da molti anni conduce un percorso autoriale di ricerca e scrittura coreografica, creando lavori, in forma solistica e con diversi gruppi di danzatori e performer, che hanno circuitazione nazionale e internazionale. “Il corpo” prosegue nel video racconto che la vede insieme al collega Aristide Rontini “va inteso come ingresso nello spazio e incontro con un altro da se. E’ per questo che quand io lavoro con gruppi numerosi metto in dialogo chi apparentemente non ha nulla in comune. Attraversare lo spazio è come attraversare un incrocio stradale: sai come attraversarlo senza scontrati con gli altri”. Sollecitata sul senso del tramandare la propria arte risponde: “La scrittura del mio corpo è passata ad altri corpi ma non come stile o imposizione di forma. Perché la forma è un nucleo di tensione, non un perimetro. Con chiunque ho lavorato (adolescenti, amatori, bambini, richiedenti asilo) questi concetti sono tornati con precisione in modo quasi misterioso. Come il corpo articola quelle informazioni è il mistero che mi dà vertigine, gioia e fragilità”. Il video mostra anche alcuni preziosi momenti danzati con Aristide Rontini nella splendida cornice del San Filippo Neri.
VITTORIO FRANCESCHI E MATTEO SOLTANTO
VITTORIO FRANCESCHI E MATTEO SOLTANTO
“Il teatro che verrà? Non ne ho la più pallida idea”. Vittorio Franceschi protagonista del nuovo video racconto in compagnia del figlio Matteo (cognome d’arte Soltanto, professione pittore e scenografo, madre l’indimenticata fondatrice della Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone) racconta il mestiere concreto e coraggioso dell’attore. “La mia professione – dice – non è un dono degli angeli ma è fatta di quell’artigianato che è alla base di tutte le arti. E artigianato vuol dire lavoro, applicazione, ostinazione e fallimento”. Franceschi ricorda che iniziò a recitare nel 1958 ma che già a partire dagli anni Sessanta si cominciarono a frantumare i codici che unificavano il pubblico e la critica. “A un certo punto – dice – non si è più saputo in cosa consistesse il nostro lavoro e quale fosse lo scopo”. Franceschi, una vita passata con i grandi registi del ‘900 come Besson e Wajda, ha oggi 84 anni e continua a rivendicare l’importanza fondamentale del pubblico all’evento teatrale. “La gente – spiega – va a teatro perché spera di ricevere un dono, ma adesso spesso non capisce quello che vede. Si ha quasi l’impressione che il pubblico da alcuni nuovi artisti sia vissuto come una sorta di sparring partner destinato a ricevere colpi. E’ quello che io definisco il teatro dell’arbitrio”. E se Matteo Soltanto afferma di sentirsi pittore quando fa lo scenografo (ha firmato alcuni spettacoli molto significativi degli ultimi anni) e scenografo quando fa il pittore, Vittorio Franceschi ribadisce che il teatro è un’arte collettiva che nei casi più fortunati realizza prodotti artistici mentre in altri si attesta su un buon livello di artigianato, trovando una sintesi perfetta sulla scena. Ma cosa deve fare un vero attore? “Il palcoscenico – risponde lui – è il luogo della verità e per questa ragione va eliminato ogni artificio. L’attore resta il protagonista della scena. Il teatro si può fare senza scene, musica e costumi. Ma non si può fare senza l’attore”.
FANNY & ALEXANDER
FANNY & ALEXANDER
Sul palco del San Filippo Neri c’è solo Marco Cavalcoli ma con lui ci sono anche gli altri due compenenti del gruppo FANNY & ALEXANDER Luigi De Angelis e Chiara Lagani. Poi arrivano Roger Bernat, Mike Bongiorno, Fred Buscaglione e perfino Mario Draghi.
Miracoli dell’eterodirezone. “Gli auricolari sono i miei compagni di viaggio da molto tempo”, scherza Cavalcoli. E poi, dando letteralmente voce a Lagani, spiega “È un processo di scrittura live in cui il corpo dell’attore è una penna vigile che comunica a chi scrive le sue intenzioni. L’attore va in scena senza sapere a memoria il testo ma tramite l’auricolare riceve indicazioni in diretta (o preregistrate) e la voce del personaggio che interpreta si imprime sulla sua”.
Per parlare di regia, la voce guida è quella di Luigi De Angelis, il regista appunto di Fanny & Alexander: “Qualunque atto creativo non è puro perché ha a che fare con le scorie dell’esterno. L’atto creativo è una reazione chimica non determinata da noi e quindi l’attore non agisce ma è agito: quando si crea si è creati. Il regista è un architetto delle scelte”.
Cavalcoli torna Cavalcoli quando parla di quella felicissima stagione che ha visto nascere in regione negli ultimi decenni tante esperienze teatrali fondamentali e che gli studiosi hanno identificato con la definizione Romagna felix. “Probabilmente se non fossi nato in quel luogo e in quel periodo non avrei fatto l’attore – ammette – Agli inizi degli anni Novanta gruppi come le Albe, Valdoca e Raffaello Sanzio hanno formato in molti il senso e l’immaginario del teatro. Ravenna Teatro ha avuto il merito di mettere in rete molte compagnie come la nostra. Abbiamo creato festival autoprodotti nelle colline romagnole, tessuto collaborazioni, condiviso la responsabilità per rilanciare una rassegna irrinunciabile come Santarcangelo”. Poi il gioco scenico prende il sopravvento: quando gli si chiede quale sia il suo rapporto con il teatro, dà voce a Fred Buscaglione in un appassionato tango.E alla domanda sul futuro del teatro, l’attore si trasforma in Mario Draghi e sciorina l’elenco dei neo-nominati ministri.
ROBERTA GIALLO E VALENTINO CORVINO
ROBERTA GIALLO E VALENTINO CORVINO
“Sono una cantautrice. Dò vita con la mia voce a quello scrivo. Le mie canzoni nascono così: sono una monade, un uovo. Ci sono le parole e c’è la voce che dà vita a quei testi”.
Roberta Giallo, cantautrice di fama internazionale, bolognese di adozione, racconta come la città e i suoi personaggi siano entrati nella sua vita e nella sua musica, e delle emozioni di salire su un palcoscenico all’estero, in un incontro con culture altre, dove l’empatia è la chiave per legare e arrivare a un livello più profondo. Sul palco dell’Oratorio di San Filippo Neri è insieme al musicista e compositore Valentino Corvino che ripercorre il loro primo incontro: “nel 2012 Lucio Dalla ci presenta una ragazza dicendo che sarebbe valsa la pena lavorare con lei: scopro così Roberta Giallo e subito nasce un feeling molto forte. Con lei ho potuto davvero sbizzarrirmi, e credo che il meglio debba ancora venire!”.
Tra un brano e l’altro si svela Roberta Giallo, versatile e poliedrica, con una formazione classica e una passione per le dive del passato perché “è come se il presente non mi bastasse mai. Mi piace l’idea di portare qualcosa che non appartiene a questo tempo.” E sull’essere donna nell’ambiente musicale dice “abbiamo iniziato più tardi a fare questo lavoro, a volte c’è ancora scarsa considerazione per quello che una donna ha da dire, per come sente le cose. Noi abbiamo rappresentato la nostra femminilità attraverso gli occhi degli uomini. E ci è anche piaciuto a volte, non lo nego, sono state scritte canzoni meravigliose, che io adoro cantare. Ma attendo un mondo nuovo in cui gli uomini cantino le nostre canzoni”.